di Paolo Cavaleri
È stato nella primavera del 2020, quella che con l’annuncio dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, che la nostra Italia si avviava alla chiusura nazionale.
Oggi, a distanza di un anno, provati psicologicamente, non avremmo mai pensato che ci potessimo ritrovare ancora in lockdown.
Per una volta, lasciando perdere ogni suggestiva ipotesi di amministrazione politica e altri protagonismi televisivi che anche adesso si ostinano a dire la loro opinione su come dirigere, organizzare e coadiuvare le energie, credo che sia giusto dar voce alle umane sensazioni. Non per leggerezza o solenne memoria, ma per ricordare quelle persone che, in vero, da un giorno a un altro, hanno potuto, e fortunatamente voluto, fare qualcosa nell’emergenza sanitaria del Coronavirus fra le corsie degli ospedali:
i soldati vesti di azzurro.
Scritta da Alessio Santacroce nel marzo 2020, interpretata assieme a Mikol Zanni, in arte IKO, prodotta dalla I per I di Lorenzo Iuracà, e pubblicata dalla Ghost Record Label, questa canzone esprime un sentito e profondo ringraziamento per tutte le categorie dei medici, degli infermieri e altri volontari che si sono trovati a fronteggiare una situazione improvvisa.
Il video girato da Alessandro Isa Ponzuoli mostra staticità e movimento allo stesso tempo:
riprese fluttuanti per le città della nostra nazione deserta, evidente sintomo di inquietudine ma anche desiderio di poter correre e camminare tra quegli anfratti che ora scontati non sembrano più.
Fissi nella loro impressa emotività, i due cantanti che si mostrano con suggestive dissolvenze.
Le parole servono per rammentare quelle prime sensazioni di quel marzo appena passato:
-“ tutti a guardarsi negli occhi senza potersi toccare ”- .
Interessante l’accezione che non vogliamo persista ma sentiamo presente: l’epoca delle distanze.
A dodici mesi da marzo scorso, di pensieri e possibili scenari ce ne sono venuti a mente, ma credo che intimamente, questa canzone getti la base su cui possiamo provare a far crescere un piccolo seme in mezzo a questo uragano: il seme della gratitudine. Se questa sensazione potrà crescere su un terreno, allora potremmo forse usare il vento di questo uragano per spargere le piante di nuovo prato sociale che verrà.
Siamo di fronte a un virus che potrebbe consolidare problemi a chi già ce li ha:
gli anziani appartengono a quelle generazioni che venute prima di noi hanno costruito il presente, sta a noi adesso gettare le fondamenta per un futuro dove davvero possiamo riabbracciarci, IKO ne delinea bene l’idea:
-“ Abbiamo capito cosa conta e cosa no ”.
Non solo noi ha colpito, l’intero razza umana è chiamata a continuare a cercare le causa, ma forse è meglio incominciare a sentirci grati di quello che è rimasto e di come abbiamo resistito, poi dopo ascoltiamoci, ascoltiamoci fra le categorie, fra chi non ha più un lavoro e chi ce lo ha ancora, ascoltiamoci fra chi ha idee di speranza e chi non crede più a questa, perché forse in fondo è giunto il momento di indossare anche noi una veste azzurra che come arma principale ha il buon senso.
I piccoli atti eroici di questi medici, e in fondo anche di alcuni che hanno trattato il virus in tempi e modi diversi, probabilmente hanno salvaguardato la salute dei più debilitati, in quanto avessero già patologie che li affliggevano.
Ricordiamoci che una banale atto per noi potrebbe essere la soluzione improvvisa per un altro.
Che si voglia o no, in una società vale sempre il concetto di interdipendenza.
Se l’arte in tutte le sue forme può davvero lenire i dolori del nostro presente, forse in fondo la musica può andare a toccare le corde delle buone intenzioni, quei buoni propositi figli della gratitudine.
Questo gruppo di artisti toscani sono impegnati in prima linea nella sensibilizzazione per le persone attraverso la musica, perché l’umanità non smetta di sperare.
Grazie a tutti voi, grazie a tutte quelle persone che hanno davvero provato a sopravvivere nella primavera del 2020 in trincea … erano davvero sole.
Esse hanno operato in una Italia priva di un efficiente sistema sanitario che già da anni era in declino, la crisi ne ha evidenziato le falle.
Potremmo dunque ripartire da un semplice grazie per gli operatori sanitari e poi indagare su quanto accaduto, perché in fondo potrebbe esserci qualcosa di peggio del distanziamento sociale …
potrebbe esserci la disumanizzazione della civiltà.